L’irriducibile errore di Faggin
Onestamente sono alquanto deluso da questo libro, ma – ammetto – me lo aspettavo (non ha deluso, quantomeno, le mie aspettative).
Speravo mi fornisse qualche informazione in più, ma l’approccio che aveva avuto la comunità scientifica nel confronto delle sue idee, beh, mi ha un tantinello fornito un paracadute: non mi aspettavo granchè, seppur speravo. Faggin cerca, all’essenziale, di fornire una ipotesi (neanche innovativa) della coscienza originata non dal cervello, ma da una fonte diversa, in cui il cervello diventerebbe simile ad una antenna od un cellulare: utile ad utilizzare questo segnale, per poi, perderlo al momento della morte, lasciando – però – tale segnale intatto. Una posizione arbitraria, secondo Faggin, motivata dalla non descrivibilità di alcune parti della composizione della coscienza attraverso l’approccio riduzionistico e proprone una nuova idea, peraltro non verificabile, ma apribile ad idee del tutto arbitrarie, dato che non ha verificabilità e dunque non ha paletti: si procaccia un foglio bianco su cui scrivere liberamente quel che vuole e, nel farlo, attira a se una quantità immane di persone che si sentono soffocate posizione scientifica, riduzionistica, vincolante, limitante, insomma descrivente qualcosa: sente il bisogno di tracciarsi la sua convinzione e fornisce con questa idea carta bianca a chiunque voglia abbracciare la sua idea. La posizione attuale della neurobiologia è che noi spesso confondiamo ciò che sentiamo con il “perchè lo sentiamo”: noi sentiamo le cose, percepiamo, godiamo, soffriamo con il lato viscerale… e siamo tentati di usare lo stesso lato per descriverlo, ma non è possibile farlo. La parte razionale descrive qualcosa in modo oggettivo, ma non può trasmettere la percezione… è un limite del linguaggio. Faggin si accorge, all’essenza, che il nostro linguaggio non descrive questo e cerca di scriverci un libro; lui neanche ci riesce nel libro (ma era ovvio che non potesse), ma prende spunto da questo per dire “stiamo cercando nel posto sbagliato”, mentre il problema è che stiamo usando un linguaggio che ha dei limiti (e non è che ci si possa fare molto)… Faggin non ha più niente da dare come scienziato e… tenta altre strade. Anche se, talvolta, quando non si ha qualcosa di buono da dire, sarebbe meglio tacere… si rischia di rovinare la reputazione ottenuta quando si è detto qualcosa di buono.
Su ScientiaNexus: https://www.scientianexus.com/2023/12/22/alla-fine-ho-letto-il-libro-di-faggin/