Un altro passo avanti della ricerca verso il mitico “elisir” di eterna giovinezza.
Sono coinvolti prestigiosi centri di ricerca;
il direttore del gruppo, David Sinclair, lavora alla Harvard Medical School.
La rivista che ha pubblicato lo studio é “Cell”, una delle tre riviste che si contendono (assieme con “Nature” e “Science”) i lavori scientifici più importanti nel campo delle scienze della biologiche.
David Sinclair, il direttore del gruppo di ricerca, è autore di un libro, un podcast e altre iniziative.
Ha affermato: “Il primo essere umano che raggiungerà i 150 anni di età è già nato”.
La scienza biologica studia da sempre il fenomeno dell’invecchiamento ed una delle teorie più accreditate assume che l’invecchiamento sia causato dalle mutazioni che nel corso del tempo si accumulano nel DNA di ciascuno di noi.
Esiste, però, una teoria – di cui Sinclair é uno scienziato sostenitore – che aggiunge un elemento importante: la cosiddetta Information Theory of Aging: in poche parole, si ritiene che esista un’altra causa, a suo modo di vedere ancor più rilevante, nella perdita delle cosiddette informazioni epigenetiche.
In pratica, le istruzioni scritte nella sequenza del DNA possono restare più o meno intatte, ma il passare del tempo ha comunque altri effetti sul modo in cui la doppia elica è impacchettata e dunque sul livello di attività dei geni. Essenzialmente, l’epigenetica può essere definita come lo studio di quelle variazioni nell’espressione dei nostri geni, che non sono provocate da vere e proprie mutazioni genetiche, ma che possono essere trasmissibili. Non a caso, il prefisso epi- sta a indicare che queste informazioni sono collocate intorno al DNA, come dei post-it attaccati in modo reversibile alle pagine di un libro per evidenziare particolari passaggi. Un esempio di marcatori epigenetici sono i gruppi metile che possono essere apposti o rimossi in corrispondenza di alcune lettere del DNA. I marcatori che vengono persi sono i ticchettii dell’orologio che scandisce il tempo biologico (o almeno un tipo di tempo biologico).
Tutte le cellule del corpo sono dotate dello stesso testo, il genoma; quello che cambia è l’epigenoma, ovvero “quanto” e “quando” i diversi tipi cellulari esprimono questo o quel gene in ossequio alle direttive epigenetiche. Quindi è come se ogni cellula avesse tutte le istruzioni e tutti gli attrezzi, ma fosse specializzata sulle istruzioni epigenetiche.
Si sapeva già che invecchiamento e cambiamenti epigenetici sono correlati, ma non era chiaro quale fosse la causa e quale l’effetto.
Ora stando allo studio pubblicato su “Cell” è stato descritto un modo ingegnoso per verificarlo. E’ stato usato un farmaco come “interruttore” per attivare un enzima incaricato di tagliare ripetutamente il DNA nelle parti non codificanti, cercando di non generare mutazioni della sequenza.
I topi geneticamente modificati per consentire questa operazione sono detti “topi ICE”; ICE è un acronimo che sta per “cambiamenti inducibili all’epigenoma”.
Venivano poiu inferti dei tagli al DNA, per mimare gli stress causati ogni giorno al DNA dalla respirazione cellulare e dall’esposizione a luce solare e raggi cosmici; si saldavano senza modificare la successione delle lettere, ma alterando il paesaggio epigenetico, che è rimasto disorganizzato.
Questo ha causato una accelerazione dell’orologio che misura l’età epigenetica dei topi così trattati; gli animali sono invecchiati prematuramente, con conseguenze a livello fisiologico, cognitivo e molecolare.
A quel punto i ricercatori hanno provato a invertire il processo, ringiovanendo alcuni dei topi artificialmente invecchiati.
Sulle orme del Nobel giapponese Shinya Yamanaka che ha scoperto i geni chiave per riportare le cellule adulte in uno stadio indifferenziato, simil-embrionale.
Sinclair e colleghi hanno alleggerito il cocktail di Yamanaka, riducendolo a tre soli ingredienti (i geni Oct4, Sox2 e Klf4, che insieme vengono indicati con la sigla OSK).
La somministrazione è avvenuta con un virus-navetta, come è prassi nella terapia genica, e l’effetto è stato di riportare parzialmente indietro l’orologio epigenetico.
L’idea è che nel genoma sia conservata una copia di back-up dell’epigenoma, probabilmente la stessa che consente di riorganizzare le informazioni ogni volta che due cellule sessuali si uniscono generando un embrione.
Il problema è che non sappiamo dove sia e come funzioni questo back-up.
Inoltre, é possibile che la riprogrammazione attuata in laboratorio e altre varianti di questo genere di trattamento possano avere effetti cancerogeni.
Adesso si sta verificando se la strategia del ringiovanimento con OSK funzioni nei modelli animali più simili a noi, i primati non umani.
Se funzionasse senza gravi effetti collaterali, il passo successivo sarebbe chiedere l’autorizzazione alla sperimentazione sull’uomo, focalizzandosi sulle malattie della vista legate all’età.
Gli occhi, infatti, sono un distretto corporeo particolarmente adatto alla terapia genica e nel topo l’approccio della rigenerazione epigenetica del nervo ottico ha già dato buoni risultati.
Sinclair già pensa ad applicazioni: quando espone il suo grande disegno menziona cancro, diabete, malattie cardiocircolatorie, Alzheimer, per poi concludere che la vecchiaia non è un destino inevitabile.
Un altro studioarriva a confermare il tutto: “Questa settimana Davidsohn e colleghi hanno dimostrato che il nostro sistema estende la durata della vita nei topi anziani quando viene avviato a un’età equivalente ai 70-80 anni nell’uomo!”, ha detto Sinclair nel thread pubblicato su Twitter per commentare l’uscita su “Cell”.
La comunità scientifica applaude entrambi, ma mantiene cautele nell’interpretazione dei dati sperimentali.
Qui ci sono alcuni pareri raccolti da Catherine Offord per “Science”;
Matt Kaeberlein, gerontologo dell’Università dello stato di Washington a Seattle dice: “Riprogrammare l’epigenoma è cosa ben diversa dal prendere un animale anziano e farlo tornare giovane” ; Steven Austad, biologo dell’invecchiamento dell’Università dell’Alabama a Birmingham: “Potrebbe essere una svolta, ma prima di esserne certi bisognerà replicare i dati ed esplorare il meccanismo” Wolf Reik, biologo molecolare legato all’azienda anti-invecchiamento Altos Labs: “Bene l’eleganza e l’accuratezza dello studio di Harvard, ma è difficile dimostrare che i cambiamenti epigenetici siano la causa dell’invecchiamento se questi cambiamenti sono indotti da tagli al DNA che potrebbero avere anche altri effetti” ();
Jan Vijg, genetista dell’Albert Einstein College of Medicine di New York: “Non è chiaro quanto i topi con lesioni del DNA indotte siano rappresentativi degli animali che invecchiano naturalmente; la ricerca non dimostra che l’invecchiamento sia un programma reversibile”.
Ciò che emerge è che molte malattie legate all’età sono maggiormente studiabili, sono prendibili in esame nuove terapie e la vecchiaia potrebbe diventare solo un ricordo.
Non so e non credo che diventeremo mai immortali (anche perchè il problema non è solo la vecchiaia o qualche malattia ed in ultima analisi siamo comunque in un universo entropico) ma se esiste una strada, quantomeno per avvicinarcisi, è la scienza.
Comunque vada, la cultura che ne emergerà è assai intrigante. Siamo nell’era di grandi cambiamenti.
Restiamo a guardare o, se riusiciamo, diamo il nostro piccolo apporto, che sia diffondendo cultura scientifica o partecipando direttamente.
A breve vedremo cosa ci riserva il destino scientifico.
Su ScientiaNexus: https://www.scientianexus.com/2023/12/22/genetica-ed-invecchiamento-nuovo-esperimento-topi-ringiovaniti-geneticamente/