Il caso di Edgardo Mortara è stato determinato da una serie di fattori, tra cui motivazioni religiose, leggi vaticane e abitudini culturali del tempo.
La storia di un abuso dell’inquisizione in epoca relativamente moderna (1851) basata sumotivazioni religiose, leggi vaticane (riguardanti il battesimo) ed abitudini culturali del tempo
Edgardo Mortara nacque nel 1851 a Bologna, in Italia, in una famiglia ebraica. A servizio da questa famiglia c’èra anche Anna Morisi, una governante di religione cattolica.
Nel 1858, quando Edgardo aveva sette anni, all’orecchio Anna andò via dalla casa, tornando a casa sua; in quel periodo, tramite lei, giunse all’orecchio del tribunale dell’inquisizione che lei avesse battezzato con semplice acqua, ma invocando l’autorità in quanto cattolica – per stato emergenziale – quando era malato da neonato.
Anna semplicemente, a quel tempo, voleva evitare (probabilmente) a quella anima innocente, qualora fosse morto, il limbo (che al tempo si credeva attendesse i non battezzati).
La governante tuttavia aveva agito in accordo con il diritto canonico dell’epoca, secondo il quale un bambino battezzato da una persona cattolica diventava automaticamente cattolico.
Quando il caso fu portato all’attenzione delle autorità ecclesiastiche, il Papa Pio IX decise che Edgardo doveva essere tolto alla sua famiglia e dato in affidamento a una famiglia cattolica.
La decisione fu presa in base al diritto canonico dell’epoca, che stabiliva che i bambini battezzati da cattolici dovevano essere educati nella fede cattolica.
Edgardo Mortara fu prelevato dalla sua famiglia il 23 giugno 1858, su ordine del Santo Uffizio, il tribunale dell’Inquisizione della Chiesa cattolica. Il prelievo fu effettuato da una squadra di polizia vaticana guidata dal comandante Pellegrino Rossi, su indicazione del cardinale segretario di Stato Giacomo Antonelli.
Potete immaginare le urla, lo strazio… ci sono diverse ricostruzioni tratte dal racconto di testimoni che riportano la cosa.
Quello che sappiamo è che si trattò di un sopruso.
Secondo la versione ufficiale del Vaticano, il prelievo fu effettuato a causa del battesimo di Edgardo da parte di una giovane domestica cristiana quando era malato da neonato. Secondo la legge canonica dell’epoca, questo battezzo aveva fatto di Edgardo un cattolico, e il tribunale dell’Inquisizione decise che era meglio per lui essere cresciuto in una famiglia cattolica.
I genitori fecero molto per riavere il figlio, ma gli fu posta come unica possibilità quella della conversione al cattolicesimo: o si convertivano o non avrebbero riavuto il figlio (da notare l’emersione dei concetti di libertà di scelta, di veridicità della fede, ecc… e dire che in tanti credono che la Chiesa abbia degli interessi ad avere persone battezzate ed ufficialmente, almeno, cattoliche per fare numeri a sua utilità – “malpensanti” – )
E’ opinione diffusa di molti storici storici che il prelievo di Edgardo fosse motivato anche dalla preoccupazione della Chiesa cattolica per la crescente presenza ebraica in Italia e dalla necessità di convertire gli ebrei al cattolicesimo.
In ogni caso, il prelevamento di Edgardo dalla sua famiglia ebrea suscitò un grande scandalo in Europa e negli Stati Uniti, e fu oggetto di un acceso dibattito sulla tolleranza religiosa e sui diritti dei genitori.
Come ho detto, la famiglia di Edgardo cercò di lottare per riavere il figlio, ma la decisione del Papa fu confermata dalla Corte Suprema pontificia; ma come precisato l’unica maniera sarebbe stato rinnegare la propria religione, la propria identità religiosa.
Edgardo fu quindi affidato a una famiglia cattolica, dove fu educato nella fede cattolica.
La storia dell’intervento dell’inquisitore sull’infante ebreo Edgardo Mortara è stata oggetto di numerosi libri, film e drammatizzazioni teatrali.
Uno dei libri più noti è “Edgardo Mortara” di David Kertzer, che ha vinto il Premio Pulitzer per la biografia nel 2015.
Le motivazioni religiose sono state fondamentali nel determinare la decisione del Papa di separare Edgardo dalla sua famiglia ebraica. Nel XIX secolo, il cattolicesimo era la religione predominante in Italia e il Papa, Pio IX, era un forte sostenitore della Chiesa cattolica. Secondo il diritto canonico dell’epoca, un bambino battezzato da una persona cattolica diventava automaticamente cattolico e doveva essere educato nella fede cattolica. Pertanto, quando la governante battezzò Edgardo, il Papa decise che il bambino doveva essere tolto alla sua famiglia e dato in affidamento a una famiglia cattolica.
Le leggi vaticane dell’epoca prevedevano che il Papa avesse il potere di prendere decisioni in casi simili a quello di Edgardo. La Corte Suprema pontificia aveva l’autorità di emettere sentenze in casi di controversia sulla giurisdizione ecclesiastica e sulla disciplina. Nel caso di Edgardo, la Corte Suprema pontificia confermò la decisione del Papa di separare il bambino dalla sua famiglia ebraica.
Le abitudini culturali dell’epoca riflettevano anche la prevalente discriminazione contro gli ebrei in Italia e in Europa. Gli ebrei erano spesso soggetti a restrizioni legali e sociali e la loro presenza era vista come una minaccia alla cultura e alla religione cattolica. In questo contesto, il caso di Edgardo Mortara rappresentò una dimostrazione dei limiti della tolleranza religiosa dell’epoca.
In sintesi, il caso di Edgardo Mortara fu determinato dalle motivazioni religiose del Papa, dalle leggi vaticane dell’epoca e dalle abitudini culturali prevalenti che riflettevano la discriminazione contro gli ebrei.
Oggi, grazie a numerose battaglie si è ridotto tantissimo il livello di potere della Chiesa Cattolica e posso dire per fortuna. E’ chiaro che nel momento in cui una istituzione religiosa può istituire regole basandosi sulla autorità autoreferenziata di essere la portavoce di un bene assoluto ed indiscutibile, questa poi può eliminare ogni forma di confronto che possa mettere in discussione le sue idee e diventa una dittatura pericolosa (come tutte le dittature).
E’ curioso che tutt’oggi molto dell’ambiente ecclesiastico da un lato sia un tantinello allergico alla laicità dello stato, ma poi pretenda e si appelli a tale laicità, la richieda, quando i suoi esponenti sono in stati religiosi con religioni dominanti diverse. Curioso per modo di dire, perchè resta chiaro che la laicità e l’equiparazione dei diritti delle relgioni e dei religiosi e non supporto della prevalenza di alcuna da parte dello stato è un vantaggio quando si è una religione minoritaria ed uno svantaggio quando si è una religione maggioritaria.
La Chiesa è uno di quegli enti che del tenere il piede in due scarpe, del fare soprusi – quando al potere e richiedere eguaglianza, bontà e persino civiltà e laicità quando è in un ambiente in cui al potere c’è un’altra religione – è maestra.
Questi fatti siano perpetrati, raccontati, non dimenticati.